domenica 23 marzo 2014

Quaderni tecnici per gli addetti ai lavori: Seconda parte. Importanza e uso del contratto nel processo terapeutico.

La terapia contrattuale rappresenta uno dei punti cardine dell’approccio dell’Analisi Transazionale ed ha come prerogativa essenziale l’aggancio alla concezione filosofica dell’OKness, che si fonda sul concetto di essere umano unitario ed originariamente completo e quindi responsabile di sé e del proprio destino/progetto.
Il contratto è concettualizzabile da due diverse prospettive connesse tra loro: il contenuto, ovvero esso è un accordo tra terapeuta e cliente circa l’obiettivo di terapia, le mete da raggiungere, le regole del setting e l’orientamento della terapia; il processo, ovvero attraverso il contratto si crea una relazione tra due persone che attivano il proprio Stato dell’Io Adulto nel cooperare per raggiungere l’obiettivo.
 Berne (1966) definì il contratto un “impegno esplicito e bilaterale preso dal cliente e dal terapeuta, o consulente, per un ben definito corso d’azione”.
Steiner (1974) evidenzia come per Berne fosse importante che tra cliente e terapeuta si stabilisse una relazione paritaria, in cui entrambi i partner avessero uguali responsabilità pur mantenendo compiti diversi, essendo entrambi in grado di funzionare a livello Adulto. Credo sia importante esplicitare i ruoli reciproci: il cliente ha il compito di individuare ciò che desidera cambiare di sé, il suo obiettivo, e  partecipa attivamente fin dall’inizio al processo di cambiamento in quanto principale conoscitore di se stesso mentre ruolo del terapeuta è di facilitatore in questo processo terapeutico in quanto mettendo a disposizione le proprie  conoscenze non ha da  risolvere i problemi del paziente, ma ha da  aiutarlo a comprendere come finora si è bloccato dal risolverli da solo (Novellino,1998).
Questo momento non solo rende esplicite le regole della terapia, ma mira all’attivazione dell’Adulto del cliente e a responsabilizzarlo, attivando la  propria capacità di pensare, la facoltà di decidere della propria vita e di modificare le decisioni precedentemente prese. Rappresentando la relazione con il modello degli Stati dell’Io, il metodo contrattuale consente di passare da un rapporto G-B, dove il cliente spera nell’intervento magico del terapeuta vissuto come onnipotente, al dialogo A-A, dove ciascuno è responsabile del proprio 50% del contributo nella relazione.
Esso evita in tal modo lo stabilirsi di una relazione di dipendenza tra cliente e terapeuta che può invalidare il processo di cambiamento. Il contratto limita l’intensità dei processi iniziali di transfert e protegge lo stesso terapeuta da un eventuale controtransfert onnipotente (Holloway, 1973).
Tra i criteri che vanno tenuti in considerazione per formulare un contratto che permetta al terapeuta di avere  chiara in ogni momento la direzione verso il cambiamento ci sono quelli individuati da Haimovitz (1979) e ripresi da Steward e Joines (1987); questi propongono per un contratto efficace che l’obiettivo sia: a) espresso in termini positivi, in modo che sia chiaro che cosa il cliente vuole fare di diverso; b) raggiungibile, date le risorse attuali e la situazione contestuale del cliente (per esempio non è possibile fare contratti per cambiare altri); c) specifico ed osservabile, per evitare lavori senza fine e per avere parametri chiari del suo raggiungimento (traducibili in termini comportamentali); d) sicuro, che tenga cioè conto del contesto di riferimento del cliente e che non lo esponga a rischi; e) formulato dall’A con la cooperazione del B L (cioè comprendente i suoi bisogni autentici) e congruo col sistema di valori della persona, per avere il sostegno del G; f) espresso con linguaggio chiaro, e chiaro relativamente ai costi ed alle perdite che il suo raggiungimento prevede (in termini economici, di impegno, di tempo, ecc.); g) tramutabile in un impegno ad un’azione specifica (ovvero che sia esplicitato quali mosse si dovranno fare per raggiungere l’obiettivo).
Nello stipulare un contratto vanno tenuti presenti inoltre i tre livelli indicati da Berne (1966):
il livello amministrativo: definisce gli aspetti professionali tra terapeuta e cliente e coincide con il setting (durata, frequenza, onorario, luogo, reperibilità);
il livello professionale: stabilisce l’obiettivo della terapia. L’accordo viene stabilito nei primi incontri ed è strettamente collegato al livello psicologico;
Il livello psicologico: si riferisce alla dimensione ulteriore della relazione terapeutica.
Dal punto di vista “tecnico” Steiner definisce quattro criteri di validità a cui far riferimento per formulare il contratto: mutuo consenso, accordo esplicito e reciproco; remunerazione valida, esplicita e concordata da entrambi le parti; competenza, il terapeuta deve disporre di competenze adeguate e il paziente deve poter accedere alle competenze Adulte durante il lavoro fatto insieme; obiettivo legale, obiettivi e modi della terapia devono essere conformi alle leggi vigenti e aderenti ai principi deontologici. 
Holloway, M. e W. (1973) hanno proposto l’esistenza di due tipi di contratti, di controllo sociale e di autonomia. I primi si focalizzano su alcuni aspetti particolari del pensiero, comportamento e sentimento che si riferiscono ad un elemento della decisione precoce; i secondi sono quelli che si concludono mettendo fine al copione di vita, per cui la persona decide di  non vivere più obbedendo all’ingiunzione e rivendica una posizione esistenziale “Io sono Ok-tu sei Ok”. Oltre ai criteri di validità per formulare un contratto ritengo importante essere attenti  a discriminare i contratti inaccettabili, e per farlo seguo le linee guida esposte dai Goulding (1979) secondo i quali i contratti inaccettabili sono quelli: a) genitoriali, basati sul dovere; b) quelli in cui si vuole cambiare un’altra persona; e c) quelli che sottendono un “gioco psicologico”.
Inoltre oltre al contratto generale è necessario stipulare, di volta in volta, i contratti di seduta con il fine di tenere presente l’argomento concordato senza inutili divagazioni che tolgono tempo alla seduta oltre ad avere il vantaggio di rendere verificabili i passi compiuti durante la seduta stessa.
 Trovo utile e opportuno prevedere una fase pre-contrattuale per definire chiaramente il problema presentato, specialmente nei casi in cui il paziente arrivi in terapia portando un malessere che risulta anche per lui poco chiaro, ed accompagnato da scarsa consapevolezza.
 E’ inoltre interessante  la suddivisione di Loomis (1982) che descrive quattro livelli di contratto di cambiamento: contratto di prendersi cura (riguarda il prendersi cura e favorisce l’alleanza di lavoro; si basa prevalentemente su permesso e protezione); contratto di controllo sociale (si basa sul problema concreto e richiede un intervento urgente per favorire il problem solving); contratto di relazione (in esso viene posto l’accento sulla natura ripetitiva del problema del paziente; si procede all’analisi del copione, si lavora al livello di A2, collegando gli eventi); contratto di cambiamento strutturale  (interviene ad un livello profondo della persona. Si lavora con l’A1 sui vissuti regressivi significativi). In genere nelle psicoterapie brevi, si può raggiungere il livello del contratto di relazione.
 I contratti nelle psicoterapie di lunga durata, invece, mirano alla ristrutturazione stessa della persona e quindi al cambiamento strutturale in termini di uscita dal copione per raggiungere l’autonomia.
Per concludere voglio sottolineare come ricercare e trovare un accordo con il paziente sull’obiettivo da raggiungere insieme consente di comunicare alla persona che si ha di fronte due messaggi a mio avviso importanti: il primo riguarda il fatto che il terapeuta non ha soluzioni magiche e che di conseguenza il rapporto è paritario; il secondo è  il valorizzare che la persona è in grado di stabilire i propri obiettivi e sa cosa è importante per lei in un determinato momento. In questo modo si comunica all’altra persona che è ok a livello esistenziale e che è competente rispetto al suo problema.



Nessun commento:

Posta un commento