La terapia
contrattuale rappresenta uno dei punti cardine dell’approccio dell’Analisi
Transazionale ed ha come prerogativa essenziale l’aggancio alla concezione
filosofica dell’OKness, che si fonda sul concetto di essere umano unitario ed
originariamente completo e quindi responsabile di sé e del proprio
destino/progetto.
Il contratto
è concettualizzabile da due diverse prospettive connesse tra loro: il contenuto,
ovvero esso è un accordo tra terapeuta e cliente circa l’obiettivo di terapia,
le mete da raggiungere, le regole del setting e l’orientamento della terapia;
il processo, ovvero attraverso il contratto si crea una relazione tra due
persone che attivano il proprio Stato dell’Io Adulto nel cooperare per
raggiungere l’obiettivo.
Berne (1966) definì il contratto un “impegno esplicito e bilaterale preso dal
cliente e dal terapeuta, o consulente, per un ben definito corso d’azione”.
Steiner
(1974) evidenzia come per Berne fosse importante che tra cliente e terapeuta si
stabilisse una relazione paritaria, in cui entrambi i partner avessero uguali
responsabilità pur mantenendo compiti diversi, essendo entrambi in grado di
funzionare a livello Adulto. Credo sia importante esplicitare i ruoli
reciproci: il cliente ha il compito di individuare ciò che desidera cambiare di
sé, il suo obiettivo, e partecipa
attivamente fin dall’inizio al processo di cambiamento in quanto principale
conoscitore di se stesso mentre ruolo del terapeuta è di facilitatore in questo processo terapeutico in quanto mettendo a
disposizione le proprie conoscenze non
ha da risolvere i problemi del paziente,
ma ha da aiutarlo a comprendere come
finora si è bloccato dal risolverli da solo (Novellino,1998).
Questo
momento non solo rende esplicite le regole della terapia, ma mira
all’attivazione dell’Adulto del cliente e a responsabilizzarlo, attivando
la propria capacità di pensare, la
facoltà di decidere della propria vita e di modificare le decisioni
precedentemente prese. Rappresentando la relazione con il modello degli Stati
dell’Io, il metodo contrattuale consente di passare da un rapporto G-B, dove il
cliente spera nell’intervento magico del terapeuta vissuto come onnipotente, al
dialogo A-A, dove ciascuno è responsabile del proprio 50% del contributo nella
relazione.
Esso evita in
tal modo lo stabilirsi di una relazione di dipendenza tra cliente e terapeuta
che può invalidare il processo di cambiamento. Il contratto limita l’intensità
dei processi iniziali di transfert e protegge lo stesso terapeuta da un
eventuale controtransfert onnipotente (Holloway, 1973).
Tra i criteri
che vanno tenuti in considerazione per formulare un contratto che permetta al
terapeuta di avere chiara in ogni
momento la direzione verso il cambiamento ci sono quelli individuati da
Haimovitz (1979) e ripresi da Steward e Joines (1987); questi propongono per un
contratto efficace che l’obiettivo sia: a) espresso in termini
positivi, in modo che sia chiaro che cosa il cliente vuole fare di diverso;
b) raggiungibile, date le risorse attuali e la situazione contestuale
del cliente (per esempio non è possibile fare contratti per cambiare altri); c)
specifico ed osservabile, per evitare lavori senza fine e per avere
parametri chiari del suo raggiungimento (traducibili in termini
comportamentali); d) sicuro, che tenga cioè conto del contesto di
riferimento del cliente e che non lo esponga a rischi; e) formulato dall’A con
la cooperazione del B L (cioè comprendente i suoi bisogni autentici) e congruo
col sistema di valori della persona, per avere il sostegno del G; f) espresso
con linguaggio chiaro, e
chiaro relativamente ai costi ed alle perdite che il suo raggiungimento prevede
(in termini economici, di impegno, di tempo, ecc.); g) tramutabile in un
impegno ad un’azione specifica (ovvero che sia esplicitato quali mosse si
dovranno fare per raggiungere l’obiettivo).
Nello
stipulare un contratto vanno tenuti presenti inoltre i tre livelli indicati da
Berne (1966):
il livello amministrativo: definisce gli
aspetti professionali tra terapeuta e cliente e coincide con il setting
(durata, frequenza, onorario, luogo, reperibilità);
il livello professionale: stabilisce
l’obiettivo della terapia. L’accordo viene stabilito nei primi incontri ed è
strettamente collegato al livello psicologico;
Il livello psicologico: si riferisce
alla dimensione ulteriore della relazione terapeutica.
Dal punto di
vista “tecnico” Steiner definisce quattro criteri di validità a cui far riferimento
per formulare il contratto: mutuo
consenso, accordo esplicito e reciproco; remunerazione valida, esplicita e concordata da entrambi le parti; competenza, il terapeuta deve disporre
di competenze adeguate e il paziente deve poter accedere alle competenze Adulte
durante il lavoro fatto insieme; obiettivo
legale, obiettivi e modi della terapia devono essere conformi alle leggi
vigenti e aderenti ai principi deontologici.
Holloway, M. e W. (1973) hanno proposto l’esistenza di due tipi di
contratti, di controllo sociale e di autonomia. I primi si
focalizzano su alcuni aspetti particolari del pensiero, comportamento e
sentimento che si riferiscono ad un elemento della decisione precoce; i secondi
sono quelli che si concludono mettendo fine al copione di vita, per cui la
persona decide di non vivere più
obbedendo all’ingiunzione e rivendica una posizione esistenziale “Io sono Ok-tu
sei Ok”. Oltre ai criteri di validità per formulare un contratto ritengo importante essere attenti a discriminare i contratti inaccettabili, e
per farlo seguo le linee guida esposte dai Goulding (1979) secondo i quali i
contratti inaccettabili sono quelli: a) genitoriali, basati sul dovere; b) quelli in cui si
vuole cambiare un’altra persona;
e c) quelli che sottendono un “gioco psicologico”.
Inoltre oltre
al contratto generale è necessario stipulare, di volta in volta, i contratti di
seduta con il fine di tenere presente l’argomento concordato senza inutili
divagazioni che tolgono tempo alla seduta oltre ad avere il vantaggio di
rendere verificabili i passi compiuti durante la seduta stessa.
Trovo utile e opportuno prevedere una fase
pre-contrattuale per definire chiaramente il problema presentato, specialmente
nei casi in cui il paziente arrivi in terapia portando un malessere che risulta
anche per lui poco chiaro, ed accompagnato da scarsa consapevolezza.
E’ inoltre interessante la suddivisione di Loomis (1982) che descrive
quattro livelli di contratto di cambiamento: contratto di prendersi cura (riguarda il prendersi cura e favorisce
l’alleanza di lavoro; si basa prevalentemente su permesso e protezione); contratto di controllo sociale (si basa
sul problema concreto e richiede un intervento urgente per favorire il problem
solving); contratto di relazione (in
esso viene posto l’accento sulla natura ripetitiva del problema del paziente;
si procede all’analisi del copione, si lavora al livello di A2, collegando gli
eventi); contratto di cambiamento
strutturale (interviene ad un
livello profondo della persona. Si lavora con l’A1 sui vissuti regressivi
significativi). In genere nelle psicoterapie brevi, si può raggiungere il
livello del contratto di relazione.
I contratti nelle psicoterapie di lunga
durata, invece, mirano alla ristrutturazione stessa della persona e quindi al
cambiamento strutturale in termini di uscita dal copione per raggiungere
l’autonomia.
Per
concludere voglio sottolineare come ricercare e trovare un accordo con il
paziente sull’obiettivo da raggiungere insieme consente di comunicare alla
persona che si ha di fronte due messaggi a mio avviso importanti: il primo riguarda
il fatto che il terapeuta non ha soluzioni magiche e che di conseguenza il
rapporto è paritario; il secondo è il
valorizzare che la persona è in grado di stabilire i propri obiettivi e sa cosa
è importante per lei in un determinato momento. In questo modo si comunica
all’altra persona che è ok a livello esistenziale e che è competente rispetto
al suo problema.
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