Buona parte dei genitori sa che il modo
in cui comunica con i propri figli e la capacità che ha di prestare attenzione
alle loro esigenze ha un profondo impatto sul loro sviluppo e sul senso di
sicurezza indispensabile per affrontare successivamente il mondo.
Non tutti i genitori però sanno che il
significato che danno alle proprie esperienze infantili ha un profondo impatto
sul loro modo di essere genitori. Nelle relazioni con i figli si tende infatti
a mettere in riedizione quei conflitti
che hanno caratterizzato in età infantile il rapporto con i propri genitori.
Questi conflitti, definiti di genitorialità, sono meccanismi fisiologici funzionali al divenire
genitori e danno luogo a due meccanismi: attribuzione di ruolo (role giving) e identificazione complementare
(role taking). Attraverso questi
meccanismi, infatti, il genitore cerca
di allontanare da sé, mentre è con il proprio figlio, quei conflitti affettivi irrisolti, ovvero, cerca
di allontanare la parte inconscia e non rielaborata della sua infanzia
(Berne,1971; Nastasi,1996). Non sono da
considerarsi conflitti patologici ma vanno considerati come fattori
strutturanti che caratterizzano l’interazione genitore-figlio e vengono visti
come aventi il ruolo di azione propulsiva per lo sviluppo del bambino (Muratori
et al., 2008).
Nel meccanismo del role giving ciascun
genitore proietta sul proprio figlio immagini significative del passato
riferite o ad aspetti di sé in quanto bambino, o ad aspetti dei propri
genitori. Un esempio, che fa intendere la presenza di questo meccanismo, è
contenuto nella frase: “Assomiglia tutto
a me, quando anch'io facevo come lui”
o “è simpatico come mio papà”. Nel
role taking, invece si assumono, più o meno consapevolmente, attitudini
comportamentali e di ruolo sperimentate, o solo fantasticate, nella relazione
infantile con i propri genitori. Ne è un esempio il genitore che dice “Mi viene voglia di picchiarlo”
(genitore che è stato picchiato). Questi fenomeni inconsci si verificano
all'interno di una dinamica relazionale agita, ovvero secondo una modalità
interattiva peculiare di quella famiglia
e tali conflitti di genitorialità cambiano nel corso della crescita del figlio
in funzione dell’età e delle specifiche dinamiche che hanno legato il genitore,
quando aveva l’età del bambino, ai propri genitori.
I
due meccanismi su menzionati possono essere collocati nell’ambito di scenari
inconsci nei quali i genitori si possono venire a trovare con il loro figlio.
Quando si parla di scenario ci si riferisce al concetto di amore di sé o meglio
ancora ideale di sé (ideale dell’Io) secondo cui ognuno vorrebbe sentirsi degno
di amore e fiero delle proprie azioni. Tale ideale però nella storia evolutiva
dell’individuo può subire dei danneggiamenti delle carenze ecc.
Nel
momento in cui si diventa genitori si riapre il file legato a questo ideale e
succede che il genitore colloca inconsciamente sul bambino il proprio ideale
dell’Io attribuendogli perfezioni, rivendicando privilegi ecc. Può così
succedere che il genitore si impegni inconsciamente con il proprio figlio a
mantenere gli schemi interattivi, le
immagini e le fantasie che sono state approvate nell’infanzia o desiderate dal
genitore quando era bambino. Oppure il figlio diventa lo strumento per cercare
di aggiustare, cambiare situazioni di dolore, carenza vissute dal genitore da
piccolo.
In
ogni scenario il genitore realizza delle proiezioni sul bambino che prendono il
nome di role giving e che sono delle attribuzioni di ruolo che vengono fatte
sul bambino. Sono stati individuati quattro possibili role giving i quali non vanno
però associati a categorie diagnostiche:
1. Role giving empatico:
si ha quando i genitore
proiettano sul figlio immagini relative
ai propri genitori o ad aspetti di se
stessi bambini che sono carichi di affetto positivi.
Sono
genitori che godono della presenza del figlio e ne amano le caratteristiche. In
questo caso le proiezioni servono a ristabilire i legami con persone
significative del proprio passato o a rielaborare lutti sospesi. In questo role
giving il bambino può identificarsi con tratti amorevoli e sarà presente uno
stile di Attaccamento Sicuro.
2. Role giving Empatico-Costrittivo: questo scenario si può
realizzare quando le proiezioni che i genitori fanno sul bambino riguardano le
immagini dei genitori che si avrebbe voluto avere vicino nella propria infanzia,
o le immagini di sé come di un bambino amato, che non corrispondono però a
quanto è stato sperimentato.
Il
genitore, che lotta in questo caso con gli affetti negativi connessi ad
esperienze infantili vissute come carenti di qualcosa rispetto ai bisogni
fondamentali di sé come bambino, nella relazione attuale ha spesso sensi di
colpa rispetto al non fare abbastanza, pretende da se stesso in modo esagerato
nascondendo sentimenti depressivi latenti. Il tentativo di incarnare il genitore
ideale che si avrebbe voluto avere nella propria infanzia rende questi genitori
esausti e con tratti ossessivi. Altra caratteristica di questi genitori è
quella di dimenticarsi, ad esempio, di essere anche coniugi.
Il
bambino in questo scenario sarà bloccato nella propria autonomia, avrà un
eccesso di dipendenza e svilupperà sintomi fobici e somatici che “permetteranno”
al genitore di sentirsi il figlio vicino e quindi di rassicurarsi. Sarà
presente uno stile di Attaccamento
Ansioso-Ambivalente.
3. Role giving Costrittivo-Deformante
(1)
Role
giving Costrittivo-Deformante(2): questo scenario
riguarda i genitori che, per ragioni diverse, nella propria infanzia sono stati
visti e trattati come bambini difficili, cattivi, come pesi per i propri
genitori (Tipo 2); o riguarda genitori che si sono percepiti come bambini
difficili, e che si sono sentiti in colpa per un’aggressività normale provata
nei confronti dei propri genitori (Tipo1). Spesso in queste infanzie sono
presenti lutti precoci, malattie gravi o depressioni dove, non essendo presente
un’ adeguata rielaborazione hanno portato il bambino a sentirsi responsabile e
colpevole.
A
causa della colpa che si portano dentro questi genitori possono assumere un atteggiamento espiatorio
di vittimismo e rassegnazione a ricevere maltrattamenti; fanno fatica ad essere
autorevoli ma dicono le cose in modo arrabbiato o non fermo alternativamente. Lo
“scopo” di questo role giving da una
parte è quella di farsi trattare male dal proprio figlio per espiare una colpa antica,
dall’altra è farsi trattare dal bambino nel modo in cui si avrebbe desiderato
trattare i propri genitori.
Il
bambino se accetta la proiezione può sviluppare sintomi oppositivi provocatori
con tratti difficili e aggressivi, non ascolta le regole e non è rispettoso
dell’adulto.
Sarà
presente uno stile di Attaccamento
Ansioso-Ambivalente ed Evitante.
4.
Role
giving Deformante-Evacuante: in questo scenario il
genitore più che proiettare è come se collocasse sul bambino un’immagine che lo
deforma. I genitori “evacuano” sul bambino immagini del passato dei genitori
molto cariche di aggressività e odio.
Questi
genitori hanno fatto esperienza nella propria infanzia di sentirsi umiliati,
sbagliati, perseguitati. Tale esperienza viene rivolta al figlio con un atteggiamento
di rifiuto; è presente inoltre un’idealizzazione
della propria infanzia per evitare il dolore e l’angoscia associati e l’identificazione
con un’immagine di genitore freddo e distaccato.
Il
bambino in questo tipo di scenario si ritrova bloccato nello sviluppo dell’autonomia
perché su di lui sono presenti immagini cariche di aggressività e tutti i
comportamenti che non sono in linea con l’immagine “evacuata” non vengono
considerati dai genitori e perciò il bambino si ritrova ad essere “obbligato” a
svolgere un ruolo che gli è stato attribuito.
Sarà
presente uno stile di Attaccamento
Confuso o Disorganizzato.
Da
qui si deduce come sia importante in qualità di genitori realizzare un lutto
evolutivo per essere emotivamente sensibili e “realmente” presenti nell’interazione
con i propri figli e per permettere loro di crescere in maniera più integrata
possibile.
Bibliografia
Guarise
Monica (2012) “Come si girano i girasoli”.
Come aiutare un genitore a vedere il proprio figlio in consultazione
psicoterapica. Psicologia Psicoterapia e Salute, 2012, Vol.18 233-290.