sabato 12 marzo 2016

Chi tutto fa nulla stringe!

E’ diventato dilagante negli ultimi anni un fenomeno che vede il proliferare di “professionisti” in ogni dove con una predilezione per il settore del benessere e della cura della persona.
Niente di male se la preparazione fosse alla stregua della responsabilità necessaria  e richiesta in un ambito delicato come questo che implica il dover lavorare (fisicamente, mentalmente, spiritualmente ecc.) su e con un essere umano. 
Il problema nasce invece per via del fatto che oggigiorno sembrerebbe che  tutti possono fare tutto: basta un corso (magari il più economico dato i tempi che affrontiamo), o  la lettura di qualche testo o ancor meno una certa propensione che sentiamo di avere ed ecco che il gioco è fatto e si diventa esperti nel dare consigli e nell’aiutare gli altri.

Semplici esempi di vita quotidiana:
- il personal trainer che se vai a vedere  non ha fatto un percorso di studi che riguardano l’anatomia, l’alimentazione ecc. ma è il palestrato che ama andare in palestra e ha pensato che il suo percorso potrebbe andar bene anche agli altri.
- il counselor che sebbene abbia seguito la formazione ( e a riguardo ho comunque delle remore che esporrò in un altro momento) non sempre tiene in considerazione il confine tra quello che può offrire e dove è il caso di inviare il paziente a chi ha la competenza per poterlo seguire più approfonditamente.
- il crescente numero di coach, molti dei quali  ho potuto notare si ritrovano a essere esperti un po’ di tutto con il metodo dello studio veloce di qualche testo.
- per non parlare di coloro che  si prendono in carico di aiutare chi affronta momenti di vita difficili in nome di una buona capacità empatica o di ascolto.

Che sia per incoscienza, per una sopravvalutazione delle proprie capacità, per necessità economiche  o altro ciò che resta da considerare è l’aspetto etico: quando lavoriamo con una persona abbiamo una grandissima responsabilità.

Possiamo aiutare è vero, possiamo anche fare dei danni, alcuni difficili da rimediare.

Ricordiamoci che ogni individuo nella sua complessità è unico; ogni persona ha la sua costituzione, la sua storia e non sempre ciò che va bene per uno è valido anche per un altro che, all'apparenza, ha le stesse problematiche. Frasi sentite e risentite ma probabilmente anche dimenticate in alcune circostanze.

Diventa necessario allora usare il discernimento quando si sceglie a chi affidarsi, e se ci si trova nell'altra posizione, ci vuole sincerità con se stessi e una valutazione obiettiva delle proprie competenze. 
Se sentite di avere una propensione, bene preparatevi con cura e siate all'altezza. Saper fare più cose  può essere un bene, coltivarle e perfezionarle è un dovere.


Il dilagare del fenomeno credo possa dipendere dal fatto che oggigiorno si tende a preferire la quantità alla qualità; si cerca la soluzione più economica, più facile, che rende con meno impegno il tutto a discapito di competenza e professionalità.

sabato 9 gennaio 2016

DONNA, DIGNITA’ E RELAZIONE DI COPPIA

                             



Avevo scritto questo articolo un anno fa e poi era rimasto lì, non pubblicato né riletto. Oggi mi ritorna davanti e spero sia utile per chi si troverà a leggero.
L’intento è quello di gettare spunti  di riflessione che possano essere utili a quelle donne che  mostrano di non avere stima e rispetto di sé stesse quando si trovano a vivere una relazione; troppe purtroppo e per lo più inconsapevoli dei meccanismi nei quali si ritrovano e che le rendono infelici.

Solitamente gli atteggiamenti a cui mi riferisco  si manifestano in quelle relazioni in cui non si può parlare di  una relazione sana e stabile bensì di quelle dove un osservatore esterno (chi è implicato non riesce solitamente ad essere obiettivo) vede uno squilibrio nell'investimento di “amore”, impegno, energia ecc. che i due partner riversano nella relazione.
L’intenzione non è quello di voler puntare  il dito verso qualcuno o, ancor peggio, manifestare una critica nei riguardi degli uomini: la responsabilità in tali casi è la stessa per entrambi inoltre è possibile in alcuni casi un ribaltamento dei ruoli (sebbene i meccanismi fonte di sofferenza per gli uomini siano altri).
Quali sono le caratteristiche di una donna che non manifesta dignità e amor proprio?
  • ü  È capace di giustificare ogni mancanza di attenzione che l’altro manifesta nei suoi riguardi, sottolineo “ogni” in quanto a volte impiega una considerevole quantità di energia per motivarsi la trascuratezza dell’altro.

Un paio di esempi tra i tanti: “ volevo raccontargli quella cosa importante che mi è successa oggi ma mi ha scritto che è stata una giornata pesante e che ci sentiamo domani”;
“avevamo un’ uscita con i miei amici (che non ha mai conosciuto) ma ha detto che non se la sente di venire perché è timido .
Quando due persone si amano l’ attenzione non solo è spontanea ma, soprattutto all’inizio della relazione,  appare il desiderio di condividere il maggior numero di cose e di rendere felice l’altro. Non mi riferisco quindi a sviste come non ricordarsi una ricorrenza o un impegno preso da tempo, parlo invece di una cura nei riguardi dell’altro che rappresenta la base di una relazione.
Se nella vostra esperienza di vita avete imparato che l’amore è trascuratezza, disinteresse, biasimo e automaticamente siete attratte da uomini che vi trattano con questo tipo di atteggiamenti sappiate che meritate di più e ,soprattutto, che ne siete degne. Provate ad essere sincere con voi stesse e noterete come la scelta del partner potrebbe essere il tentativo non consapevole di ripetere certe relazioni affettive dell’infanzia e il cercare di “risolverle” in una relazione attuale.

  • üNon si basa sui dati di realtà nella relazione ma fantastica e si crea dei film che molte volte sono ben lontani dalla realtà. Un  esempio con cui alcune donne ho visto si sono confrontate è questo:  se lui (sposato) vi dice che è stata una bella serata sta dicendovi semplicemente che è stata una bella serata e questo non vuol dire che lascerà la moglie ecc.!

Questo è uno degli aspetti a cui una donna dovrebbe prestare massima attenzione: il rischio di fantasticare troppo, di interpretare i comportamenti dell’altro può creare illusioni e aspettative che porteranno ulteriormente a sofferenza. Utile in questi casi avere scambi continui con il partner tesi a capire le reali motivazioni dei vari comportamenti e, altrettanto, lo è l’ imparare ad ascoltare chi ci conosce e magari cerca di farci tornare con i piedi per terra.
 A ciò si aggiunge, per complicare un po’ le cose J, un ulteriore aspetto: mi è capitato diverse volte di ritrovarmi a sentire degli amici o pazienti uomini affermare “le ho detto che era solo una frequentazione quindi è tutto ok…. È d’accordo con me e le va bene la proposta di vederci ogni tanto quando ci va”.   Bene, in questi casi l’esperienza insegna che rispetto all’implicazione affettiva quando una donna vi dice “ok, va bene” sebbene possa anche avere l’intenzione di portare avanti la frequentazione come “da accordi” non sarà mai così! Mai.  Lei ha infatti una natura che la porta a implicarsi anche nelle storie che teoricamente dovrebbero essere solo sessuali….quindi è un aspetto di cui tenere conto!
Tornando a quelle che sono le caratteristiche di una donna che non manifesta dignità e amor proprio possiamo aggiungere che:
  • ü   Sente che la propria felicità dipende dalla presenza dell’altro e che senza di lui non è capace di fare cose o prendere iniziative. Questo non vuole dire che il partner non debba essere un punto di riferimento; va fatta però una distinzione tra la ricerca di sostegno o il chiedere consiglio e il rendersi incapaci nelle scelte. Quando si arriva alla disfunzionalità in questi casi vuol dire che si arriva a rendersi dipendenti dal partner per pigrizia e per non uscire dalla propria zona di confort in cui ci si trova. Ciò a cui si può andare incontro è scontato.

Per quel che riguarda il credere che la nostra felicità dipenda dall'altro va detto che sebbene soprattutto durante la fase iniziale di una relazione quello che proviamo ci porta a credere che siamo felici grazie all’altro, ciò che accade in realtà è che ci siamo predisposti e aperti a quella che è un’energia che esiste e che è sempre presente. Sta a noi quindi imparare a restare sintonizzati su quella frequenza e sarà tanto più facile farlo una volta che abbiamo sperimentato il vissuto profondo dell’amore perché basterà imparare a rievocarlo.
  • ü Anteponi i bisogni dell’ altro ai propri.

Il tipico esempio è quello dove lui si organizza le sue cose e le propone di vedersi quando è libero e lei è lì che aspetta, e nell'attesa lascia che invece i suoi impegni restino in sospeso o addirittura soprassiede a cose importanti. Questo non vuol dire dobbiamo diventare egoisti perché in amore si deve dare è importante però che ci sia rispetto reciproco.
  • ü   Si concede al primo appuntamento, e questo non perché ci sia una regola fissa da rispettare, solo che il rischio che si corre in questi casi è quello di non avere il tempo di conoscere l’altro e di farsi conoscere con le dovute conseguenze. Certo esiste il colpo di fulmine ma non dobbiamo confonderci una rarità con la regola.

Va specificato a riguardo che per costituzione c’è una diversità di base tra i due sessi  e mentre un uomo non ha alcun problema a separare il fare sesso dall'affettività; per una donna (anche per quella dove risalta meno) i due aspetti sono più compenetrati  e difficilmente non metterà il sentimento anche in quel primo incontro che ahimè potrebbe essere l’ultimo!
  • ü  Mente a se stessa rispetto all'andamento della relazione giustificando la sofferenza che vive con l’amore profondo che  dice di provare per l’altro.

L’unica cosa che si può scrivere a riguardo è che probabilmente si preferisce una bella bugia a una realtà fastidiosa;  in questi casi può essere utile domandarsi: “se è amore, come mai soffro?” “e se soffro la sofferenza me la procuro da solo, me la procuro io?”

  • ü Fa compromessi  con se stessa che vanno a ledere la dignità appunto.

L’esempio più calzante è quello della donna che dice “so che per come vanno le cose dovrei lasciarlo, e vorrei anche farlo, ma poi come faccio con le spese che mi aiuta a sostenere?”
 Se siete arrivate a questo punto c’è ancora possibilità di riappropriarsi della propria dignità:  l’impegno deve essere accompagnato da un’analisi lucida su se stesse e un lavoro di crescita interiore. Considerate che  compromessi di questo tipo sono veleno per l’anima, se altre donne sono riuscite a vivere dignitosamente da sole potete farlo anche voi.



La felicità è uno stato che credo vada connesso alla dignità, molte volte si cerca la felicità attraverso l’altro, nell'ambito di una relazione, rischiando di perdere di vista un aspetto altrettanto importante. 


Dignità deriva da “degno” cioè meritevole di rispetto, imparare a rispettarsi è la base di una relazione sana e felice perché citando un  proverbio” Chi si rispetta sa come farsi rispettare, chi si stima sa come farsi stimare”.






sabato 14 novembre 2015

LA (S)FORTUNA DI ESSERE GIOVANI OGGI

Osservare, porsi domande e cercare di comprendere il perché di atteggiamenti o situazioni che si ripetono  è una delle meravigliose possibilità che abbiamo in quanto esseri dotati di coscienza e capacità riflessiva. 
Mi è capitato, più di una volta, di riflettere e confrontarmi su come la maggior parte dei giovani di oggi si rapporti alla vita, stimolata non solo da una casistica corposa di giovani pazienti ma anche da un’evidente espressione “scocciata” e priva di entusiasmo che risalta tra i ragazzi di oggi  semplicemente guardandosi intorno.

Si sentono spesso anziani fare affermazioni del tipo “quando eravamo giovani noi non avevamo tutte queste cose eppure eravamo felici”, o  ancora “bastava poco per divertirci e stare bene”.
Perché allora oggi la situazione appare diversa?
 Mi guardo intorno (ho la (s)fortuna di avere ben 5 scuole allineante sotto casa) e vedo giovani ragazzi/e per la maggior parte ben curati esteticamente, alla moda e con lo smartphone sempre in mano, li vedo fare gruppi in piazza (alcuni festeggiano i compleanni aspettando la mezzanotte sulle panchine); noto a volte ragazze sputare a terra  e avere atteggiamenti posturali da giocatore di baseball, ragazzi che si animano per una partita di calcio giocata male.
 Poi ci sono quelli che “si fanno notare”: per una magrezza che implora aiuto, per le bestemmie che li precedono e li seguono, per  l’atteggiamento provocatorio verso tutto ciò che incontrano ecc.

Cosa differenzia ieri dall'oggi?  Penso al concetto di  valori personali, ne  cerco il significato letterale e leggo:“i valori personali sono le nostre credenze essenziali, i concetti su cui basiamo la nostra vita, il suo scopo e il nostro stesso scopo”.
Una delle cause del malessere con cui molti giovani si confrontano oggi, è il frutto di uno stile di vita sbagliato causato dalla mancanza di valori e punti di riferimento. Questo porta il giovane ad assimilare le informazioni (spesso contraddittorie) in maniera caotica, a non sviluppare una chiara percezione di sé, a non conoscere cosa realmente ama, cosa gli piace, cosa lo rende felice, unico rispetto agli altri. Da qui si sviluppa un malessere interiore e questo diventa il terreno fertile per la manifestazione di disparate patologie  tra cui quelle alimentari di cui tanto si parla negli ultimi anni.  In quest’ottica  i DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare)  evidenziano un problema molto profondo; nella fattispecie l’anoressia può essere vista come un rifiuto di sentirsi nutriti dalla società in quanto non si trova niente di interessante in essa.  L’aridità del mondo circostante diventa un’aridità interiore.
Come uscirne?
Imparando a porsi delle domande, a riflettere, a prendere delle decisioni e ancor prima a conoscersi. Sarebbe importante trovare, se ancora non si hanno, dei punti di riferimento scegliendo persone o contesti che accrescano non solo la conoscenza ma anche il proprio bagaglio interiore. Diventa necessario imparare a distanziarsi da alcuni atteggiamenti di massa senza temere le differenze, e stabilire dei valori da applicare alla propria esistenza; non ultimo, è fondamentale tra gli scopi che vengono prefissati nel corso della vita trovarne almeno uno che sia elevato.

lunedì 18 maggio 2015

Sui Lovegiver


Vorrei spendere due parole riguardo una realtà che ormai da qualche anno è entrata a far parte delle “competenze” di alcuni psicologi, terapeuti e operatori della salute: quella del lovegiver ovvero dell’assistente sessuale per persone con disabilità.
Ciò che mi ha colpito di più non è tanto la portata che il fenomeno ha raggiunto in vari paesi (tra cui l’Italia), ma è il fatto che venga presentata come  naturale e necessaria, da una maggioranza, l’esistenza di una simile figura senza porsi minimamente delle domande di ordine etico.

Lovegiver, sexability, sexcounselor sono alcuni dei termini usati nel settore: oggi per diventare lovegiver  basta fare un corso teorico/pratico sulla sessualità e avere le caratteristiche psicofisiche e sessuali sane (?!); scopo del corso è quello di preparare degli operatori (sexcounselor) che aiutino la persona a sviluppare sexability ovvero capacità di provare piacere a prescindere dai limiti dovuti alla disabilità. In buona sostanza si fanno massaggi, si arriva a contatti di corpi e eventuale masturbazione dell’assistito/a se da solo/a non riesce.

Un primo passo importante sarebbe quello di dare il giusto nome alle cose: si fa un corso per vendere sessualità o in altre parole si fa prostituzione professionale (dato che devi frequentare un corso per farlo).
Chi porta avanti questo progetto (perché è come progetto che nasce)  parte dal presupposto che “ il sesso è un diritto per tutti”  e  che per capire quello che vivono i disabili bisognerebbe  “provate a stare senza fare sesso per un anno!”; facendo passare la sessualità come un aspetto imprescindibile dal concetto di salute e benessere. Questo però sembra contravvenire a diversi studi e situazioni  in cui invece l’astinenza,  per alcuni periodi o anche prolunagata, può giovare alla persona più di un’attività sessuale fine a se stessa.
È già perché il concetto di amore non appare, giustamente, in questo tipo di programma: gli operatori che “sostengono emotivamente l’assistito” lo fanno,  presumo,  con il dovuto distacco che è richiesto e necessario in ogni tipo di intervento di aiuto. Il tutto tralasciando che dall’altra parte la persona può sviluppare una forma di amore e attaccamento con il rischio di arrivare a soffrire creandosi addirittura dei veri e propri castelli di sabbia che una volta caduti potrebbero arrecare più danni dell’astinenza in sé!
Personalmente credo che la sessualità abbia un valore simile nel caso di una persona disabile e di una normodotata, con questo intendo dire che quando questa rientra in un contesto ottimale, come conseguenza di una relazione affettiva profonda, allora può ritenersi sana.

Perché invece di creare esperti di sessualità non creiamo, in quanto professionisti del settore psicologico, interventi tesi a sostenere le difficoltà con cui possono confrontarsi alcuni disabili quando si tratta di porsi in relazione intima con qualcuno? Perché non creare interventi che favoriscano e sviluppino la capacità di socializzazione e di scambio comunicativo e che favoriscano la creazione di relazioni?
Mi sembra che sia un po’ come il discorso dello scegliere tra l’insegnare a coltivare la terra, a chi ha bisogno di mangiare; o l’offrire, al suo posto ogni tanto, qualcosa da mangiare.



  

sabato 16 maggio 2015

Spunti di riflessione


La morte è per molti qualcosa di spaventoso, qualcosa di cui aver paura. L'ignoto, la mancanza di controllo associati all'evento portano spesso l'individuo a evitare di pensare, se non quando gli eventi della vita lo costringano,  a questo passaggio importante. Così la vita trascorre e l'attenzione rischia di essere rivolta solo agli aspetti prettamente materiali orientati a soddisfazioni e realizzazioni di base.
 Bisognerebbe imparare a trovarsi del tempo nell'arco  della giornata in cui restare soli con se stessi  a porsi delle domande importanti  tipo "qual'è il senso della vita?", "sono felice?" "che rapporto ho con l’Assoluto?” ecc.;  domande che favoriscano un arricchimento interiore e che siano nutrimento per la propria anima.
Un'altra cosa che sarebbe bene imparare a fare è quella di trovare degli spazi in cui allontanarsi dalle continue sollecitazioni a cui si è sottoposti quotidianamente  e provare a restare in silenzio  imparando ad ascoltarsi e ad assaporare il vissuto che appare.
Tempo fa il mio Maestro Virgil Calin ci chiese:
Se vi venisse detto che vi restano poche ore di vita cosa fareste?”
Buona riflessione

mercoledì 1 aprile 2015

"OGNI COSA AL SUO POSTO"


Ho potuto notare che capita ad alcuni di farsi delle domande riguardo alcuni modi di fare, posizioni prese e affermazioni che sono comuni a chi appartiene al settore del benessere psicologico della persona. 
Ad esempio alcune frasi del tipo: “non è questo il contesto per affrontare l’argomento”, “ non faccio interpretazioni dei sogni via chat/telefono”, “si sono terapeuta ma non ti sto analizzando mentre stiamo chiacchierando tra amici!” pur facendo magari sorridere chi le legge possono essere per un addetto ai lavori all’ordine del giorno.
Credo che a riguardo sia utile comprendere alcuni aspetti importanti della nostra professione partendo prima di  tutto facendo una distinzione tra i vari tipi di richiesta  che si possono rivolgere a un terapeuta. La consulenza può essere richiesta partendo da disparate necessità e in base a questa il tipo di intervento è diverso e ha durata variabile, abbiamo:
ü  la consulenza psicologica nella quale richiediamo al professionista appunto una consulenza riguardo  a un aspetto problematico con cui ci confrontiamo in un preciso momento o su cui abbiamo dei dubbi e dobbiamo fare maggior chiarezza: ad es. quando si hanno difficoltà nella scelta da prendere in un determinato ambito e così via.
ü  Sostegno psicologico dove la richiesta è quella di avere un appoggio, appunto un sostegno,  nell’affrontare un momento di vita difficile: un lutto, la chiusura di un rapporto, un cambiamento improvviso.
ü  Sostegno alla genitorialità dove la richiesta è specifica e va nella direzione di ricevere competenze specifiche (problem solving) necessarie per affrontare delle difficoltà nel rapporto con i propri figli in base all’età/fasi di quest’ultimi e all’eventuale riattivarsi di aspetti personali del genitore.
ü  Terapia vera e propria dove la richiesta è quella di poter esplorare aspetti più profondi con il desiderio di poter trasformare aspetti della propria struttura di personalità che non sono più funzionali in un dato momento. Lo scopo è quello di ottenere una conoscenza di “come si funziona” e una ristrutturazione con il conseguente cambiamento di comportamenti, modi di porsi ecc.


A prescindere dal tipo di richiesta con cui si parte è fondamentale comprendere, come prima tappa, che si sta facendo una richiesta e in quanto tale è importante che le venga dato il giusto valore.
Questo significa ad esempio fare in modo che non avvenga in un contesto inopportuno, in un modo che possa svalutare l’esperienza o, ancor più importante, in una situazione dove il professionista si possa ritrovare a non poter approfondire adeguatamente l’argomento rischiando quindi di dover dare risposte generiche. Questo è uno dei motivi per cui  nel nostro campo evitiamo di fare “la terapia da salotto” con gli amici. A riguardo ricordo di una docente che scuola di psicoterapia che raccontava di come a una cena con persone nuove amici del marito si fosse ritrovata a  sussurrare che fosse una terapeuta per evitare situazioni che già conosceva dove il risultato era una gran svalutazione del lavoro che facciamo.
Ecco perché è importante anche dare il giusto compenso alla consulenza richiesta a prescindere dal tipo di consulenza e dal tipo di professionista che contattiamo: ogni cosa ha il suo valore e il tempo speso dietro a un colloquio, dietro a un trattamento ecc. a volte è molto di più di quello che appare dall’esterno.

venerdì 16 maggio 2014

Coppia Sana e Coppia Disfunzionale

Una  domanda   che a volte si  pone chi vive in coppia è: la mia relazione è normale?
·         Più che parlare di normalità è indicato formulare la domanda in termini di utilità:
    “la  relazione è utile nel favorire il mio sviluppo personale (psichico, sociale e spirituale)?”
Uno degli obiettivi principali di una relazione  di coppia sana è, infatti, quello favorire il processo evolutivo dei membri che ne fanno parte; questo obiettivo può essere realizzato se entrambi i partner riescono ad adattarsi e favorire lo sviluppo delle esigenze dell’altro.

·         La coppia all'inizio della relazione fa una specie di contratto implicito per stabilire le regole della relazione stessa: il quid pro quo coniugale (Jackson).
L’ espressione sta ad indicare  il fatto che ciascuna parte riceve qualcosa in cambio di qualcosa che da, definendo in questo modo i diritti e i doveri di ognuno. Dalla costruzione dei ruoli e delle regole di relazione dipende la “ riuscita” e la funzionalità della coppia; così ad es. il conformarsi di ciascuno allo stereotipo legato al ruolo sessuale è ritenuto estremamente importante  “non solo per la compatibilità sessuale ma anche per la salute mentale dei due partner e (…) per la buon riuscita della relazione”(Jackson,1977). Questo vuol dire che è molto importante, per una avere una relazione sana, mantenere ad esempio il ruolo di donna con ciò che ne consegue; e impegnarsi, dove è necessario, a richiedere al partner quella funzione di protezione che gli spetta  permettendogli di “dominare”, in maniera rispettosa, i processi decisionali. Uomini deboli, insicuri, sempre accondiscendenti con accanto donne forti e che prendono decisioni non sono indice di equilibrio nella coppia.

·     Poli opposti si attraggono?  Studi hanno dimostrato che le coppie più durature e stabili sono quelle caratterizzate da un’alta somiglianza tra i partner rispetto a valori, intelligenza, interessi e caratteristiche di personalità.
Quando si sceglie un partner con caratteristiche molto diverse, spesso lo si fa solo per l'attrazione fisica o per problematiche non risolte rispetto al mandato familiare
Ciò che davvero consolida le coppie, più che l'attrazione fisica, è dunque la similarità complessiva; oltre al fatto che si risparmieranno in questo modo discussioni inutili per incompatibilità caratteriale; discussioni che a lungo andare andranno a incidere sulla salute della coppia stessa. 

In una relazione di coppia sana cresce l’autostima, ci si sente compresi e si vive in uno stato generale di soddisfazione e benessere. 

Una relazione disfunzionale invece anziché stimolare la crescita della coppia fa sentire depressi e insicuri; infatti in questi rapporti le persone non si sentono comprese, ma giudicate e intimorite dalla critica dell’altro e per questo si impegnano di più a cercare di soddisfare le aspettative dell’altro che non a rispondere ai propri bisogni, mettendo in secondo piano il soddisfacimento dei propri bisogni
È presente la sensazione di non essere accettati e amati per quello che si è e nelle quali ci si sente messi alla prova, si arriva a vivere la sensazione che snaturare se stessi sia l'unico modo poter essere all'altezza dell’altro. 
Quando si sceglie di mettersi in simili relazioni lo si fa solitamente perché nelle relazioni primarie si è imparato a dover soddisfare l’altro, più che se stesso, per sentirsi amato e accettato. La persona nelle sue relazioni adulte tenderà di conseguenza a corrispondere alle aspettative altrui in modo automatico, senza dare importanza a se stessa 

· Nelle coppie sane sono assenti : 

- L'idea di cambiare l’altro


- La gelosia. Chi è geloso ha bassa autostima. Essere gelosi significa, in primo luogo, avere scarsa fiducia nelle proprie capacità di essere attraente per l’essere amato. La gelosia abbassa l’altro a oggetto togliendogli la dignità e la libertà di scegliere. La gelosia è più acuta quando la relazione amorosa non ha ancora dato prova della propria stabilità in termini di durata, di livelli di intimità raggiunti o attraverso la ratificazione di un legame stabile. In tal caso oltre a lavorare sull’autostima investite produttivamente sulla creazione di una relazione profonda. 

- Le ripicche e i comportamenti infantili. Questi comportamenti tipicamente femminili rischiano di far perdere la stima del partner che crede di avere accanto una donna matura con cui ragionare ad es. nel caso di opinioni differenti. 

- I giochi psicologici tesi a svalutare l’altro, a smascherarlo a farlo apparire nel torto quando si discute. La relazione serve a crescere e per farlo è necessario imparare a comunicare i propri pensieri, i vissuti e le emozioni soprattutto quando ci sono momenti di difficoltà. Questo aiuta il partner a comprendere il vissuto dell’altro (spesso diverso dal proprio!) e evita che si creino incomprensioni e astio che possono andare a influenzare l’andamento futuro della relazione. 

- La simbiosi. Seppure parte fondamentale dell’innamoramento iniziale è necessario superarla per vivere una relazione sana. E’ importante saper calibrare momenti di vicinanza a altri di separazione in cui coltivare interessi e relazioni esclusive. 
E va sottolineato che è importante sentirsi bene nel momento in cui si è senza il partner! 





                 







Una coppia sana lo è perché nel tempo ha imparato ad affrontare le difficoltà e le incomprensioni partendo da una base di rispetto reciproco e di spinta a superare se stessi laddove i limiti personali portano a valutare le situazioni da un prospettiva egoistica piuttosto che di utilità per l’altro. 

Una coppia sana è come un suo spazio “sacro” in cui i due sanno di potersi rifugiare ogniqualvolta ne hanno bisogno, non è un calderone dove riversare i propri stress e le proprie frustrazioni quotidiane ma è un ricettacolo dove distillare il sublime nettare dell’Amore.