giovedì 28 novembre 2019

Sulla Morte




Questo articolo nasce da una serie di riflessioni che ho pensato di condividere   e non vuole essere una trattazione psicologica del lutto o della morte; è  piuttosto uno spunto di riflessione di fronte ad un aspetto che molti schivano ma che ci riguarda prima o poi tutti.

D'altronde la morte è l’unica certezza che abbiamo nella vita.

E strettamente personale è il modo in cui ci si rapporta ad essa
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A riguardo mi sono fatta alcune domande che vorrei girare anche a voi:
  •   Qual è il modo in cui sono venuta in contatto la prima volta con la morte e come questo ha influito sul mio modo di rapportarmi ad essa oggi?

Il mio atteggiamento sin da piccola è stato di curiosità: i miei erano soliti portarmi le domeniche pomeriggio a fare  passeggiate nei paesini vicini, cosa che vivevo come uno strazio  perché  i viaggi in macchina per le strade collinari erano sinonimo di nausea continua  e malessere.  Ma una tappa fissa di queste passeggiate era, su mia grande richiesta, il cimitero del posto. Amavo camminare tra le tombe e guardare attentamente le foto; chiedevo a mia madre di leggermi gli epitaffi delle tombe che mi colpivano. Papà aveva l’onere di prendermi in braccio ed alzarmi a guardare le tombe che erano troppo in alto per me. Non provavo tristezza o paura, ricordo che mi sentivo serena.
Crescendo i cimiteri sono rimasti per me un posto di raccoglimento nel vero senso della parola, un luogo dove andare in alcuni momenti in cui ho la necessità di stare sola con me stessa.

  •    Cos'è per me la morte?

Un esame, il più importante che abbiamo da sostenere nella vita.
Viviamo come con delle scadenze, dei badge da timbrare: prendere la laurea, sposarsi, comprare casa, ottenere il massimo sul posto di lavoro ecc. Passiamo la vita impegnandoci per essere all'altezza di ciò che desideriamo, siamo bravi a diventare esperti in qualcosa, a ottimizzare i tempi ad essere efficienti.
Ma di fronte al momento della morte siamo preparati?
Qualcuno potrebbe dire “proprio se ho realizzato tutto ciò che desideravo allora sarò pronto!”
Può darsi di sì ma può anche darsi che quello che hai realizzato ti crei solo un grande attaccamento e dolore nel doverlo perdere!
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  •  Come posso prepararmi ad essa?

La risposta che mi sono data è stata che solo coltivando e curando una mia dimensione spirituale, non di facciata ma di autentica ricerca interiore posso in qualche modo approcciarmi al momento della morte con uno stato sereno.
Ponendomi delle domande investigative, analizzando come l’hanno “vissuta” le persone che conosco e leggendo come l’hanno vissuta i santi; studiando e conoscendo me stessa. Studiando anche, perché no, quello che accade fisicamente in una morte naturale o per malattia.  
Ho pensato inoltre che posso arrivarci più preparata se invece di coltivare continui rimpianti su quello che avrei voluto fare ma non ho fatto imparo a fare il meglio che posso con quello che la vita mi mette davanti.
Infatti se desideriamo a tutti costi realizzare un progetto di qualsiasi tipo (familiare, lavorativo ecc.) ma ci tormentiamo nel caso in cui non  si realizza ci perdiamo la possibilità di godere veramente di quello che in questo momento ci è dato di avere. Ragionando e agendo in questi termini è come se ci poniamo nell'attitudine di essere la persona giusta nel posto giusto, e il senso di frenesia legato all'ottenere qualcosa lascia il posto a un senso di accettazione e di valorizzazione di ogni momento. Così se mai la vita dovesse terminare pensa che stai facendo la cosa che dovevi fare in quel momento e nel modo migliore!
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  •   Cosa farei se dovessi immaginare di morire a breve?

Per quanto mi riguarda vorrei essere in pace con tutti, scusarmi (anche solo interiormente) con chi ho fatto soffrire o con chi è entrato in contatto con il peggio di me. Godermi i momenti con le persone care apprezzandone appieno il valore.

Voi cosa avete risposto a questa domanda? Considerate che quello che vorreste fare è quello che potete fare già da adesso per dare un valore aggiunto  alla vostra esistenza!

Considerare la morte una parte della vita, seppur dolorosa, e imparare a non temerla arricchisce a mio avviso la vita stessa e le sue esperienze.

Concludo citando Hermann Hesse:
“un giorno mentre Siddharta meditava sotto al solito fico gli si avvicinò un viandante che stava cercando la via dell’illuminazione. Si misero a parlare del più e del meno come due vecchi amici quando Siddharta gli chiese:
“Qual è la mancanza più grave per l’uomo?”E il viandante pensatore rispose: “ è grave morire senza aver capito la vita. E’ drammatico vivere senza aver capito la morte!”.

 Dott.ssa Alessia Fratoni

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